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Visualizzazione dei post da settembre, 2025

Il dolore come linguaggio

  Quando la ferita diventa narrazione a cura di Danilo Serra ( Voci dal Centro di Ricerca , Arte, Dolore, Etica, Medical Humanities, Morte.) Nella sua radice essenziale, il dolore non assume affatto i tratti dell’univocità, ma della singolarità. Si manifesta in forme sfuggenti, abita orizzonti differenti, si radica nell’esperienza biografica e si intreccia con i legami sociali e simbolici, fino talvolta a fondersi intimamente con essi. Così, il dolore si fa esperienza, irriducibile e non univoca. In quanto tale, esso sfugge a ogni tipo di classificazione rigida, non lasciandosi catturare una volta per tutte né dal linguaggio medico né da quello comune. La singolarità del dolore risiede nella sua capacità di farsi espressione di senso, “fenomeno espressivo” che, nella virulenza del suo apparire e scomparire, del suo darsi e non concedersi, plasma dall’interno e dall’esterno la storia dell’umano. Perché, in fondo, noi siamo anche i nostri dolori e siam...

Dignità sotto condizione

  Cos'è la morale?  Al livello più semplice, sono idee di giusto e sbagliato che una società afferma di seguire. Sono considerate universali, ma nel mondo reale si piegano alla politica e al potere. Li chiamiamo principi, ma sono storie che raccontiamo quando ci fa comodo. L'omicidio di Charlie Kirk lo dimostra chiaramente. Alcuni lo celebrano come giustizia, la prova che un uomo che odiano ha finalmente ottenuto ciò che merita. L'empatia dovrebbe essere presente. In realtà, svanisce quando la politica prende il sopravvento. Questo è il dilemma morale. Non c'è bisogno di ammirarlo per capire che celebrare la sua morte toglie dignità. Quando si esulta per un omicidio, non si sta difendendo un principio. Si sta solo scambiando di posto con le stesse persone che si condannano. Gli Stati Uniti rivendicano il giusto processo come pilastro morale. Ogni persona, cittadino o meno, dovrebbe avere il diritto di essere ascoltata prima che il governo le tolga la libertà. Con ...

La filosofia di come vivere

  Sigmund Freud è il padre della psicoanalisi. Carl Jung fondò la scuola di psicologia analitica. I monaci vivono in preghiera e contemplazione. Hanno una migliore comprensione del raggiungimento della pace interiore. Tutti puntano a un'unica verità. La vera guerra è dentro di noi. E anche la tua pace mentale inizia da lì. La sofferenza deriva dal resistere alla verità su te stesso. Freud la chiamava repressione, seppellire desideri così in profondità da controllarti comunque. Jung usò un termine diverso: lavoro sull'ombra, le parti di te che neghi, che poi ti governano in segreto. Il monaco buddista osserva che l'attaccamento all'ego, l'aggrapparsi a un'illusione di chi sei, garantisce dolore. Sei più dei tuoi pensieri. Freud direbbe: "Sei più inconscio di quanto pensi". Jung concorda. "Sì, e devi rendere conscio l'inconscio". Un monaco buddista sorriderebbe e aggiungerebbe: "E poi, lascialo andare". Parole diverse, stessa sa...