Alessandro Manzoni scrisse la sua magica opera dei Promessi Sposi, iniziando così:
“Quel ramo de lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altra parte; e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile all’occhio questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa, e l’Adda ricomincia, per ripigliar poi il nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l’acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni.”
Cercando di parafrasare (indegnamente) l'apertura del suo capolavoro, mi vesto di lui e provo a guardare "La Promessa Società” del futuro.
“Quel freddo fascino della luce blu che mette in sonno la corteccia prefrontale offrendo una sorta di piacevole attrazione, tra catene di ignari esseri non più pensanti, a seconda dello sporgere e rientrare dei click, vien quasi da disperar e prender antica figura selvaggia, nell’ampia costa dell’umana storia; e il cambiamento, che ivi congiunge epoche, per dar senso di marciume ad occhio antico. Dicasi di era moderna, di artificial intellegentia … lasciano l’umana specie a deriva, distendendo e rallentando ardui pensieri nei nuovi golfi del piacer e nuovi seni della ragione.”
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